Urbanistica Città di Parete (Ce) a cura di Raffaele2012

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POST SPECIALE 65 – TERRITORIO COMUNALE DI PARETE (CE). UNA CERTA “AFFINITÀ” FRA LE CONSIDERAZIONI DEL SOTTOSCRITTO E GLI SCENARI DESUMIBILI DAL PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO DELLA PROVINCIA DI CASERTA (PTCP). I Comuni a cavallo di due ruoli: “agenti migliorativi” ovvero “concorrenti alla disgregazione”

Da quanto appare scritto nei POST SPECIALI dal 63 al 64.2.2 (pagina precedente di questo topic), e rimanendo strettamente all’interno del contesto della Campania, è possibile ricavare l’impressione che i Piani Urbanistici Comunali non sono soggetti alla sola volontà delle autorità locali, ma che essi devono seguire le indicazioni delle pianificazioni territoriali sovraordinate a livello provinciale e su scala regionale. Ad esempio, resta innegabile che l’approvazione definitiva del PUC da parte del Consiglio Comunale non può avvenire senza una dichiarazione di conformità rilasciata dall’ente Provincia.

Ciò, però, non implica una totale sottomissione dei Comuni, ma lascia a quest’ultimi, coll’esclusione dell’esistenza di specifici vincoli, dei margini di manovra ancora significativi, che tendono ad amplificarsi nel caso di tenimenti dall’estensione esigua.

Nell’introduzione al “documento di piano” del PTR, ad esempio, appare la seguente frase: «il carattere strategico del PTR va inteso come ricerca di generazione di immagini di cambiamento, piuttosto che come definizioni regolative del territorio». La parola “ricerca”, in particolare, sembra essere stata appositamente usata per confermare il carattere non totalmente vincolante della pianificazione regionale e quindi questo spiega anche la scelta del sottoscritto di citare ogni volta quest’ultima (nei POST SPECIALI dal 63 al 63.2) ricorrendo a verbi come “suggerire” e “proporre”.

Per quanto si sia cercato di angustiare (ad esempio, dando valore veramente obbligatorio al limite massimo di dimensionamento per fini abitativi) i margini di manovra per gli enti locali, anche il PTCP non li ha azzerati del tutto.
Col comma 3 dell’art. 65 delle Norme (ftp://ftp.provincia.caserta.it/pub/Ptc% ... TCP/Norme/), infatti, è data possibilità a ciascun Comune di espandere la propria parte urbanizzata anche a discapito dei suoli agricoli, a condizione che sia dimostrata l’impossibilità di soddisfare le nuove esigenze utilizzando gli spazi già edificati, incluse le “aree negate con potenzialità insediativa”. Il criterio dell’ubicazione in prossimità della porzione urbana, per l’esattezza, se rispondente da un lato a principi di buon senso, specie nel caso di Parete può rappresentare una preoccupante svolta in negativo.
Il comma 2 dello stesso articolo, peraltro, consente ai PUC di poter riconfermare in zona agricola gli insediamenti ‘abitativi’ e ‘non abitativi’ preesistenti alla loro entrata in vigore, ma a patto di effettuare degli interventi riqualificativi.
Il comma 3 dell’art. 77, a sua volta, appare al lettore non meno ambiguo poiché per ciascuna “area negata con potenzialità ambientale” viene associato sia il recupero ambientale e paesaggistico in senso stretto sia la possibilità di eseguire della “forestazione urbana”. Quest’ultima espressione, poi, lascia ben poco tranquilli perché a dispetto delle pur encomiabili descrizioni (http://blog.emonfur.eu/2013/03/28/la-fo ... nt-page-1/) potrebbe tradursi concretamente solo nella realizzazione di un classico parco pubblico attrezzato.

Con riferimento a Parete, quindi, non ci vorrebbe molto per perseguire lo sfacelo del territorio locale. In primis, basterebbe mettere assieme l’ulteriore espansione ipoteticamente consentita dell’abitato e le direttrici lungo le quali sono adesso site le unità extragricole esistenti.
Nel contempo, in sede di formazione del PUC, lo stesso Comune potrebbe pianificare il recupero delle “aree negate con potenzialità ambientale” eventualmente individuate a ovest del tenimento classificandole come “standard urbanistico” allo scopo di localizzarvi un giardino, un’area giochi per bambini o, peggio ancora, una struttura sportiva vera e propria (campi di calcio, piste d’atletica, velodromi, piscine, ecc.).

Ma cosa ne sarebbe esattamente di Parete, se la locale Amministrazione agisse nel modo appena delineato?
L’allargamento continuo della fascia urbanizzata (per stabili di ogni tipo), purtroppo, tenderebbe a dare ulteriore legittimità a quell’inopportunissima frantumazione paesaggistica ambientale, storica, culturale ed “economica” che già adesso si scorge a ridosso dei confini con Lusciano, a sud di via M.T. di Calcutta e del rione 167, a ovest di via Castagnola e della Circumvallazione e ostacolerebbe quei necessari abbattimenti e ripristini a favore della semina e del raccolto di derrate suggeriti a suo tempo dal sottoscritto (nei POST 33 e seguenti e nei POST 34 e seguenti, all’interno di codesto topic).
A sua volta, la catalogazione delle “aree negate con potenzialità ambientale” come “standard” costituirebbe un indubbio esercizio di ipocrisia poiché verrebbe meno la complessiva valorizzazione di tutta la zona a ovest del paese legata al settore primario, mentre si procederebbe col mero assecondamento di future mire edilizie e/o di qualche piano di lottizzazione eventualmente già approvato o da approvare.

Tornando a generalizzare, va osservato come sembri emergere un quadro contraddittorio delle previsioni PTCP che se da un lato esaltano la destinazione rurale e ad economia agricola delle aree inedificate, dall’altro lato non pongono ai Comuni dei paletti insormontabili a future espansioni della parte antropizzata per motivi extragricoli, incrementi che potrebbero divenire fonte di rischio per eccellenza in mancanza di reale collegamento con qualsiasi strategia di localizzazione subregionale.

Ovviamente, però, occorre anche chiarire che le Norme PTCP:
  • impongono ai Comuni delle soglie massime di dimensionamento abitativo (stabilite per ogni ambito insediativo di appartenenza), ma non di raggiungere quest’ultime giocoforza;
  • consentono ai Comuni di allargare le preesistenti aree già utilizzate per motivi artigianali e di servizi, ma premettono anche un’attenta verifica del fabbisogno presumibile, il ricorso a parti non sfruttate dei nuclei ASI e delle ‘aree negate con potenzialità insediativa’ e comunque mai costringono gli enti locali a impermeabilizzare del nuovo suolo agricolo;
  • danno facoltà ai Municipi di lasciare al loro posto tutti quei punti urbanizzati in aperta campagna, ma non trasmette ordini tassativi a riguardo.
In questa triplice ottica, allora, va ancora una volta sottolineato che le varie proposte di riordino urbanistico del territorio di Parete esposte dal sottoscritto (leggasi o rileggasi dal POST 25 ai POST 37 e segg.) non perdono in credibilità, anzi è vero l’opposto.
Ultima modifica di Raffaele2012 il lunedì 14 settembre 2015, 12:51, modificato 1 volta in totale.

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POST SPECIALE 65.1 – (segue dal precedente messaggio 65)

Tenendo conto di quanto osservato nel passato messaggio 65, appare in tutta la sua limpidezza il bivio in cui si trova ogni Municipio che gestisce un tenimento annoverante gravi problemi di consumo di suolo “vergine” come quello di Parete: o diviene un “agente migliorativo” oppure concorre alla disgregazione definitiva del territorio locale e, per estensione, dell’intera subregione circostante.

Nello specifico caso di Parete, si può sostenere che l’Amministrazione Comunale può giocare il ruolo di “agente migliorativo” solo indirizzando il riordino urbanistico in precise direzioni:
1) circoscrivendo l’antropizzazione extragricola prevalentemente a est,
senza però alcun aumento della saldatura edilizia in direzione di Lusciano e Giugliano;
2) procedendo con abbattimenti di stabili, deimpermeabilizzazioni e riconversioni fondiarie in diverse parte del tenimento, secondo le necessità evidenziate in questo topic tra i POST 25 e 36.

Insomma, (magari usando un’immediatezza espressiva capace di far rabbrividire gli esperti del Diritto), è pacifico affermare che l’ultima parola su una pianificazione urbanistica spetta ai Comuni e ciò si spiega in virtú di una doppia investitura giuridica. La prima deriva dall’art. 14 comma 27 della legge 122/2010 (http://www.bosettiegatti.eu/info/norme/ ... 0_0122.htm) che annovera fra le funzioni fondamentali degli enti locali proprio la pianificazione urbanistica ed edilizia. La seconda discende direttamente dall’art. 5 della Costituzione Italiana in cui è affermato il riconoscimento delle autonomie locali, ovviamente per le competenze affidate a quest’ultime.

Se dunque la competenza urbanistica è, infine, riconducibile agli enti locali, diventa indubbiamente comprensibile la facilità con cui essi possono concretizzare il consumo di suolo “vergine”. Con particolare riferimento a Parete, allora, per quanto non del tutto risolutivi e per quanto forse capaci di suscitare nel lettore dei prevedibili sentimenti di perplessità ovvero di disappunto, l’autore si sente di formulare i seguenti due auspici.

In primis, per un principio di umanissima prudenza (e non di sorda malafede), sarebbe quanto mai essenziale che i movimenti partitici del paese escludessero dalle loro liste dei candidati alla sindacatura e alla consiliatura comunale ogni profilo dei mestieri e delle professioni riconducibili al settore edilizio (a partire dall’ingegnere, dal geometra e dall’architetto di turno). Difatti occorrerebbe sempre tenere a mente il ruolo semplicemente strumentale del “mattone” e delle infrastrutture sia nei confronti degli altri comparti economico-lavorativi (su tutti, l’agricoltura e la manifattura in genere) sia in rapporto ad un bisogno abitativo che in genere è avvertito una volta nella vita. Di conseguenza, le trasformazioni di un territorio non possono venire subordinate soltanto a delle comprensibilissime problematiche occupazionali di un unico comparto, per di giunta “antieconomico”, che riprendono quota dopo la firma di ciascun progetto di costruzione ovvero l’ultimazione delle attività in cantiere.

In secundis, sempre per un principio di umanissima prudenza, sarebbe auspicabile che ogni persona esercitante un mestiere o una professione del settore edilizio decidesse volontariamente di autoescludersi dal locale elettorato passivo (cioè dal gruppo di coloro che aspirano ad una qualsiasi carica elettiva municipale). Un gesto del genere, fra l’altro, costituirebbe un generoso indizio di delicatezza nei riguardi della gestione del tenimento comunale.

A margine del messaggio e a scanso di equivoci, il sottoscritto precisa di non stare sostenendo la tesi di una macchina burocratica locale privata di Uffici Tecnici e quant’altro di simile, altrimenti sarebbe il caos. Bensí egli evidenzia la necessità che la rappresentanza istituzionale del posto sia espressione anzitutto di finalità di sfruttamento veramente “economico” del territorio, cosa che, nel caso di Parete, deve essere fatta corrispondere alla semina e al raccolto di derrate agricole.

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POST SPECIALE 66 – Una riflessione a titolo generalissimo. Il dimensionamento per scopo prevalentemente residenziale: un poco “delizia”, ma anche parecchia potenziale “croce

Nell’ambito urbanistico, per “dimensionamento” è possibile intendere quell’insieme di accorgimenti volti a determinare quantitativamente la trasformazione del territorio in termini abitativi e piú generalmente extragricoli.

Sul tema, il sottoscritto vuole con umiltà provare a scrivere qualcosa, soffermandosi sulla destinazione prevalentemente residenziale.

Il dimensionamento a scopo soprattutto di alloggio può essere comprensibilmente visto sotto una luce positiva poiché cerca di porre un limite oggettivo all’attività edilizia che, altrimenti, risulterebbe totalmente incontrollata. In quest’ottica, si riesce a trovare una spiegazione del motivo per cui i parametri urbanistici (altezza, indice di fabbricabilità fondiaria, ecc.) sono spesso espressi in una certa maniera e non un’altra.
Oggigiorno, inoltre, sembra essere decisamente diffusa l’usanza (quando non esistono specifiche norme a riguardo) di sottrarre dal computo di alloggi da edificare nelle zone di espansione delle quote corrispondenti a quelli disabitati o da ristrutturare siti nelle parti già urbanizzate, nonché a quelli cui sono stati dati i permessi di costruzione precedentemente all’adozione di un nuovo piano urbanistico comunale.

Tuttavia dal dimensionamento paiono discendere anche degli elementi di perplessità rilevanti.

In primo luogo, il dimensionamento legato a novelle zone di espansione urbana, se espresso in termini restrittivi dal Municipio, tende a stimolare un continuo inopportuno consumo di suolo ‘vergine’ nel medio-lungo periodo. La fissazione al ribasso dei parametri urbanistici (altezza, indice di fabbricabilità fondiaria, ecc.), infatti, può condizionare la progettazione e la realizzazione di nuovi stabili in modo da impedire una paventata sovrapposizione di piani in verticale.
Con un esempio magari un po’ estremo si cerca di orientare il lettore. Se un novello PUC fissasse obbligatoriamente un’altezza di appena 3 metri per tutti gli edifici da realizzare in aree di espansione, è possibile che essi siano dimensionati a loro volta (numero e distanza fra i pilastri, ad esempio) allo scopo di massimizzare sia un eventuale risparmio per chi spende per dimorare (nucleo famigliare) sia il guadagno per coloro i quali legittimamente lucrano (dall’architetto fino agli operai).

In secondo luogo, in virtú di quanto scritto nel precedente punto, anche un dimensionamento espresso dal Municipio in termini restrittivi è poco conveniente in termini monetari nel medio-lungo periodo per i non appartenenti al “ceto edilizio” (dall’ingegnere fino alla manovalanza). Difatti, se un edificio novello venisse progettato per raggiungere soltanto una certa altezza, un’eventuale sovrapposizione di nuovi piani non potrebbe che passare per l’abbattimento dell’intera struttura preesistente e, quindi, per un intuibile incremento delle spese a carico dei destinatari.

In terzo luogo, sempre con particolare riferimento alle aree di espansione urbana, il dimensionamento può prevedere un numero di nuovi alloggi, ma non che quest’ultimi finiscano interamente nelle mani della popolazione già residente. Piú semplicemente, potrebbe esservi uno sfasamento temporale fra l’anticipata realizzazione dei primi e un possibile fabbisogno posteriore dei secondi capace di determinare nel medio-lungo periodo un doppio fabbisogno: uno rimandante agli autoctoni e l’altro ai forestieri (che, però, nel frattempo sarebbero statisticamente computati come indigeni).
Con un altro esempio magari un po’ esagerato si cerca di orientare il lettore. Se tutte le zone C di un comune appartenessero ad una sola ditta di costruzioni che costruisse e vendesse ogni appartamento nel giro di un anno a dei forestieri, sarebbe evidente l’insoddisfazione per gli autoctoni e l’inefficacia del dimensionamento che, non va dimenticato, ha comunemente come assunto l’evoluzione demografica dei residenti (nascite, morti, saldo di partenza e arrivo) e non unicamente l’indiscriminata massiccia “importazione” di gente da fuori.

Fin qui sono stati evidenziati dei punti deboli del dimensionamento collegati alle nuove zone di espansione prevalentemente residenziale. Ciò malgrado un inopportuno consumo di suolo ‘vergine’ verso l’esterno può essere stimolato anche coll’introduzione di misure restrittive per le aree già abitate, ma non incluse nei ‘centri storici’.

Un esempio di condotta a riguardo può essere ascritta all’ente locale quando esso si limita a reiterare i parametri urbanistici preesistenti al novello Piano Urbanistico Comunale (altezza, indice di fabbricabilità fondiaria, ecc.) in modo da ostacolare un’ipotetica sovrapposizione di piani in verticale. Di conseguenza, una ristrutturazione potrebbe certamente risolvere un singolo problema abitativo nel breve periodo, ma non contribuire ad assecondare un diffuso fabbisogno nel medio-lungo periodo.

Altra… “scorciatoia” è quella seguita dai Comuni quando individuano una disavanzo abitativo pregresso al nuovo PUC a cui, magari, viene associata la persistenza di altri problemi: dalla pratica di alti affitti che sarebbe di ostacolo per le famiglie in difficoltà fino a una generale indisponibilità degli alloggi già esistenti.
Ultima modifica di Raffaele2012 il mercoledì 16 settembre 2015, 10:38, modificato 1 volta in totale.

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POST SPECIALE 66.1 – LA NECESSITÀ ASSOLUTA CHE IL DIMENSIONAMENTO ABITATIVO PER PARETE, SIA PER IL BREVE PERIODO SIA PER IL MEDIO-LUNGO, SI ESTRINSECHI ESSENZIALMENTE “IN VERTICALE”

Dalla breve elencazione degli aspetti meno esaltanti del dimensionamento prevalentemente abitativo emerge soprattutto un contrasto fra la validità sostanziale degli strumenti di pianificazione urbanistica, in genere quattro o cinque lustri, al netto dell’apposizione di probabili varianti, e la possibile durata di un edificio, anche di parecchi decenni.

Ciò va sottolineato con grande enfasi per comprendere cos’altro contribuisce al consumo di suolo ‘vergine’. In particolare, è da ribadire come l’imposizione da parte degli enti locali di parametri urbanistici al ribasso possa condizionare il dimensionamento del singolo fabbricato e complicare un’ipotetica sovrapposizione di piani in verticale nel medio-lungo periodo.

Cominciando ad avvicinarci a Parete, va sottolineato come l’art. 66 comma 3 delle Norme del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale di Caserta (ftp://ftp.provincia.caserta.it/pub/Ptc% ... TCP/Norme/) stabilisca il modo preciso con cui calcolare il numero di alloggi occorrenti per ciascun PUC dell’agro aversano (di cui fa comprensibilmente parte il paese qui oggetto di considerazioni) per il periodo 2007-2018. In particolare, però, va scritto che al totale relativo a ogni comune va sottratta una quota corrispondente al numero di nuovi alloggi realizzato o per i quali è stata rilasciata la concessione edilizia fra il momento della “adozione” del PTCP (2008) e il periodo della “adozione” del nuovo PUC.
Circa la formula matematica del suddetto comma 3, occorre evidenziare la grande incognita della scadenza non lontana nel tempo del suo periodo di applicazione (anno 2018), al verificarsi della quale l’orizzonte sembra apparire alquanto nebuloso, visto che ogni ulteriore dimensionamento abitativo comunale viene rimandato ad un tavolo copianificatorio colle Regione Campania (art. 66 comma 1 delle Norme PTCP). Almeno a parere del sottoscritto, infatti, la materia potrebbe divenire oggetto di una negoziazione illogicamente imperniata sui soli parametri in genere individuati (previsione demografica, stima delle famiglie, calcolo degli alloggi potenzialmente necessari) o addirittura finalizzata per andare ben oltre quest’ultimi, in modo da perseguire coi fatti il consolidamento della mostruosa metropoli Napoli-Caserta a dispetto di quanto prospettato, per esempio, nel capitolo 12 della Relazione A1 del PTCP (ftp://ftp.provincia.caserta.it/pub/Ptc% ... Relazione/).

Stando in questo modo le cose, occorre ricordare al lettore l’assoluta necessità che il dimensionamento abitativo previsto per Parete, sia per il breve periodo sia per il medio-lungo, punti essenzialmente su uno sviluppo in “verticale”, allo scopo di evitare un’espansione in orizzontale all’infinito (ora di poco e ora di molto) della parte urbanizzata.

A riguardo, il sottoscritto, nel corso della sua trattazione sul territorio di Parete, ha provato a proporre un diffuso innalzamento verso l’alto degli indici di fabbricabilità fondiaria sia per le “aree Garibaldi-Magenta-Vittorio Emanuele II fino a p.za del Popolo” (POST 28) sia per la “fascia urbana restante” (POST 29): in un caso suggerendo un valore perlomeno fino a 3-4 mc/mq (estendibile fino a 5 mc/mq); nell’altro consigliando un valore perlomeno di 4 mc/mq (estendibile fino a 5, 6 o 7 mc/mq).

Il vantaggio di un diffuso aumento dell’IFF per le sezioni cosí come individuate dal sottoscritto sarebbe triplice: lasciare decidere a chi è residente in stabili già eventualmente e opportunamente dimensionati il momento in cui aggiungere nuovi livelli; stimolare il rifacimento daccapo per coloro che hanno alloggi non progettati a loro tempo per assommare ulteriori piani orizzontali; favorire la costruzione per la prima volta di fabbricati in grado di contare in futuro su altri strati. Insomma, si tratterebbe di generare un modello virtuoso di gestione complessiva del territorio locale, premiando nel contempo parte assai ampia il popolo.

Le obiezioni a un auspicato scenario del genere sarebbero anzitutto due. La prima starebbe nella sua portata discriminatoria, specie per chi abita, ad esempio, in lotti molto piccoli o in stabili multilivello popolati da gente fra loro estranea e magari incapace di trovare un accordo sull’inquilino/sugli inquilini dell’ultimo/degli ultimi piano/i. La seconda starebbe nella non idoneità ad azzerare l’arrivo di forestieri.
Ebbene, in un caso, si replica che i PUC sono intrinsecamente una fonte di disparità e che da soli non riescono sempre a correggere la scelta abitativa fatta in passato dalle persone; nell’altro caso, invece, si fa presente il ruolo che potrebbe giocare l’elemento della parentela, utile perlomeno a circoscrivere la probabilità dell’approdo di gente non autoctona.

Perlomeno rispetto al brevissimo periodo (anno 2018), l’altro motivo ostativo rispetto al diffuso innalzamento verso l’alto degli indici di fabbricabilità fondiaria sia per le “aree Garibaldi-Magenta-Vittorio Emanuele II fino a p.za del Popolo” sia per la “fascia urbana restante” potrebbe indubbiamente appartenere allo stesso metodo di dimensionamento individuato nell’art 66 comma 3 delle Norme PTCP. Ecco perché va ripetuto che se la locale Amministrazione Comunale non potesse agire da sola in tal senso in sede di formazione del nuovo PUC, occorrerebbe tentare una copianificazione assieme agli altri enti eventualmente interessati allo scopo di perimetrare in maniera definitiva, addirittura “eterna”, l’area in prevalenza abitata di Parete, visto che il tenimento resta di superficie esigua rispetto alla sproporzionata popolazione ed è situato in un hinterland aversano-giuglianese dove le spinte al consumo di suolo “vergine” cominciano ad assumere una connotazione unicamente irresponsabile.

Scontato a questo punto sostenere che se una copianificazione come quella appena rievocata non fosse possibile o si concludesse con un nulla di fatto, rimarrebbe l’impegno a carico del Municipio di Parete di circoscrivere la parte principalmente residenziale alfine non solo di evitare ulteriori cementificazioni, ma anche per correggere le distorsioni già presenti attraverso una serie di riconversioni fondiarie.


POST SCRIPTUM. Il breve ciclo di POST SPECIALI dal 63 al 66.1 termina qui e perciò si ringrazia altresí per l’eventuale attenzione.

:D :smt023
Ultima modifica di Raffaele2012 il venerdì 18 settembre 2015, 11:05, modificato 1 volta in totale.

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Salve a tutti, amici miei pirovaghi. Negli ultimi mesi, ho deciso di condividere con voi tutta una serie di considerazioni e proposte aventi per oggetto il territorio comunale di Parete (CE). In particolare, seppure intuendo il disagio provato da alcuni, ho di tanto in tanto apposto delle modifiche ai messaggi e alle immagini come ulteriore prova della buonafede colla quale mi sono approcciato a questa piccola impresa intellettuale.

A mo' di chiusura del ciclo, faccio perciò un ultimo annuncio. Allo scopo di dare maggiore soddisfazione ai curiosoni, ho deciso di dare un "formato libro" a tutta la pubblicazione su Pirovagando. Per l'esattezza, il lavoro è stato intitolato "MUTAMENTI DEL TERRITORIO COMUNALE DI PARETE (CE) DEL PASSATO, PRESENTI ED EVENTUALI FUTURI" e appare suddiviso in due tomi.

Il Tomo I (copertina verde) rappresenta la parte prettamente testuale. In essa la trattazione è stata riorganizzata per renderla idonea al "formato libro" ed inoltre sono state aggiunte delle note a piè pagina non visibili nei messaggi su Pirovagando.
L'indirizzo web in cui visionarlo integralmente e scaricarlo con tranquillità è: https://www.scribd.com/doc/276991426/Mu ... uri-Tomo-I

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Il Tomo II (copertina gialla) concentra tutte le immagini che, a differenza della condivisione su Pirovagando, non accompagnano immediatamente il testo.
L'indirizzo web in cui visionarlo integralmente e scaricarlo con tranquillità è: https://www.scribd.com/doc/276990059/Mu ... ri-Tomo-II

Immagine


Noto con piacere, come la corrente discussione sia stata "cliccata" oltre seimila volte. Di conseguenza, ritenendo improbabile che tale cifra risulti ascrivibile al solo sottoscritto, si ringrazia di cuore chi ha eventualmente letto finora e si resta - al netto del tempo e della voglia che posso metterci d'ora in poi - a disposizione per ogni serena, pacifica e spassionata interazione.


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